La dicotomia tra dovere e vocazione, tra natura umana e costrizioni sociali, tra apollineo e dionisiaco, è la chiave di lettura di ‘Hedda.
Come una pistola carica’, con cui Liv Ferracchiati debutta al Teatro Studio Melato, dall’1 al 22 dicembre, come artista associato del Piccolo, che con questo spettacolo inaugura la stagione delle sue produzioni.
Quella proposta da Ferracchiati, non è una riscrittura del lavoro di Ibsen, ma una nuova drammaturgia che si affianca all’originale proprio per indagare il cortocircuito tra desiderio e regola. Il punto di partenza è stato il testo originale, ritradotto per l’occasione da Liv Ferracchiati insieme ad Andrea Meregalli, e incastonato all’interno della nuova drammaturgia, “scritta da me, che gioca – anticipa il drammaturgo – sullo stare dentro e fuori la scena”. Al centro dell’opera, la tensione tra la fascinazione per ciò che non rientra nella norma e l’ossequio alle convenzioni, ma anche la sregolatezza, incarnata dal personaggio di Ejlert L›vborg, (interpretato da Ferracchiati) e il tentativo di dominarla attraverso l’arte. “Ma tutti – commenta il regista – soccombono alla vita e non li salva nemmeno l’opera visionaria. L’autore sembra chiedersi quali siano, se ve ne sono, le condizioni per la felicità umana. E questi individui di fine Ottocento, incapaci di incidere, ci somigliano, sembriamo proprio noi, incastrati all’interno di odierni e ipotetici salotti borghesi, raramente in grado di assumerci delle responsabilità”.
A sottolineare la continuità tra passato e presente, una scena interamente di cartone, creata da Giuseppe Stellato, i cui ambienti si avvicinano e si allontanano dal pubblico, assecondando la schizofrenia tra verità e artificio.
ANSA
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